La fine?

Sono duro a demordere…, però devo dire che quanto avvenuto alla mia adorata X-T1 mi ha non poco sfiancato. Purtroppo, l’epilogo è che la telecamera che sorvegliava la panchina su cui eravamo seduti, era solo una telecamera di servizio per gli operatori dei treni. Quindi non una CCTV, ovvero del circuito di sorveglianza. Questo significa, che non ci sono feed registrati di quella specifica telecamera…
Non so se mollare questa assidua ricerca, e forse anche un po’ assurda ora… ne sono ancora addolorato, e mi sta lasciando un segno indelebile di insicurezza e di allerta.

Ad ogni modo, ora sto combattendo un’altra battaglia: avere copia della mia denuncia alla polizia ferroviaria. Pare che sia un’impresa non da poco. Le risposte che ricevo dal Force Information Governance Manager che mi segue sono strane, ma forse in linea con le procedure Britanniche. Nella sostanza mi hanno dato un link, che però non porta ad un form (http://www.acpo.police.uk/documents/crime/2009/200909CRILMA01.pdf), ma all’home page di questo sito di polizia. Mi è ancora oscuro il motivo e l’uso che devo fare di questo link…

Non ho grandi speranze di riavere la X-T1 oramai, pensavo che la pista della telecamera sarebbe stata una pista definitiva, ed invece…

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E io che avevo riposto tutte le mie speranze in questa meravigliosa tecnologia…

Aggiornamento…

Primo breve aggiornamento.

Già giovedì scorso avevo ricevuto una conferma dalla BTP (British Transport Police) che la mia pratica era stata passata a “crime”, in modo da poter avere visione dei filmati delle telecamere della stazione, altrimenti interdetti alla visione per banali casi di oggetti smarriti. Devo dire che in questo la BTP è stata veramente grandiosa, mi ha seguito alla grande, e tutt’ora mi sta seguendo alla grande. Ho ricevuto lettera (in carta) ufficiale di acquisizione del caso, con tutti i riferimenti e numeri e procedure da seguire, e ho ricevuto email dall’investigatore che si sta occupando del caso.

La gioia nel vedere tutta questa macchina in moto per la mia adorata fotocamera è indescrivibile. Mi sento seguito, il che fa bene alle mie speranze, ma fa bene anche la mio ego che ne ha sempre bisogno…

Il contenuto dell’email, mi preoccupa però un po’. Come già verificato da noi pellegrini, la stazione anche se presenta orari di apertura, in realtà pare sia chiusa e senza personale. Mi domando però cosa costerebbe mandare un attendente dalla stazione più vicina (5 minuti di treno) ad aiutare gli investigatori. Eh sì, perché la registrazioni delle telecamere sono dentro la stazione, che però come già detto non è custodita… (!!!!) speriamo bene, perché ora mi domando se mai le registrazioni saranno disponibili. Pare che vengano cancellate automaticamente dopo 20 giorni… per cui ne ho ancora circa 9 prima di aver perso ogni speranza.

Nel frattempo, ho chiesto all’investigatore se riusciva lui a contattare la polizia locale, che pare misteriosamente incontattabile. Nè io sia dall’Inghilterra che da casa, né amici che risiedono in Inghilterra sono riusciti a chiamare il numero fornito attraverso il loro sito. Nemmeno il numero d’emergenza pareva funzionare… bah. Una delle ipotesi è che non essendo la stazione aperta, chi ha trovato la X-T1 possa averla portata alla polizia locale… ma direi che qui siamo a livello onirico, più che reale.

Sto cercando di usare anche i servizi di ricerca di immagini attraverso il numero seriale. Si può fare solo attraverso qualcuno in UK.

Vi aggiornerò.

Shit happens… (la speranza è l’ultima a morire)

E poi succede che ti ritrovi a vivere un viaggio parallelo, ad avere la mente divisa, e l’attenzione parzialmente offuscata… perché nella vita accadono cose. E non ci puoi fare nulla… ma proprio nulla. E così oltre al bellissimo cammino in uno dei posti più belli mai visitati, vivi anche una situazione ai confini della realtà quasi alla Twin Peaks.
Eh sì, perché provati da lungo cammino sotto vento e un po’ di pioggia, optiamo per un piccolo spostamento in treno verso una delle tappe, per saltare una parte di percorso poco interessante, e per dare possibilità un po’ a tutti di riposare piedi, e di asciugare vestiti bagnati.

Giungiamo all’ameno paesino di Higham, Kent. Uno di quei posti in cui tutti ti guardano strano, perché ti percepiscono fuori dalla loro comunità. Puntiamo alla stazione, e mi pare di ritrovarmi in un albo di Dylan Dog. Noi e pochi altri improbabili avventori, in una stazione fantasma, chiusa, con biglietteria automatica “out of order”. Ci facciamo foto e cazzeggiamo tanto il nostro treno (forse… non abbiamo capito se ci porterà a destinazione) arriva tra mezzora. C’è chi si scatta le foto dal ponte pedonale sopra i binari, chi osserva i monitor delle telecamere a circuito chiuso come se fossero televisori, chi invece gioca a Candy Crash… seduto su una non comoda panchina. Stanchi e provati dalla giornata, troviamo qui il primo momento di relax… troppo relax.

Già, perché al momento dell’arrivo dell’agognato treno, con il pensiero di come fare i biglietti all’interno del treno, scattiamo in piedi dalla panchina, e ci lanciamo verso le porte aperte del serpentone d’acciaio… pochi secondi passano dalla chiusura delle porte, e il pensiero va ad un peso che non sentivo sulla mia spalla. Il peso della X-T1 e del 23 mm che fino a quel punto portavo a tracolla sulla spalla. Mi tocco il fianco… e non la trovo. Panico, terrore, la mia vita che mi scorre davanti, che in pochi istanti si trasformano in rabbia, autofustigazione e grande delusione per me stesso… ebbene sì, ho dimenticato appoggiata sulla panchina, la mia adorata Fuji X-T1… Momenti di confusione mentali si sono alternati a momenti di speranza… insomma detta alla veneta sono andato in “tega”.

Appena arrivati alla prima stazione, tra l’altro capolinea per quella corsa, abbiamo preso un taxi, e siamo tornati a Higham. Con l’idea che tanto era un paesino piccolo, di campagna, che a nessuno sarebbe sognato mai di prendere una macchina fotografica abbandonata… o che semmai l’avrebbero riportata in stazione, o alla polizia…

Ma come nei peggiori racconti di Edgar Allan Poe, o nei labirintici romanzi di Franz Kafka è stato un susseguirsi di speranze accese e poi spente… Unica traccia che avevamo, era il filmato delle telecamere a circuito chiuso della stazione, ma nessuno sembrava essere in grado di dirci come recuperarla. Decidiamo di proseguire, dopo avere fatto due denunce, una alla polizia ferroviaria, e una alla Southeastern Railway che gestisce sia le telecamere sia la rete ferroviaria.

Nel frattempo, lo spirito buono, intelligente e sempre pronto a trovare soluzioni di Monica (una fortuna avere una persona così nella propria vita), propone di tornare la mattina dopo (giorno di Pasqua) a mettere dei volantini con una ricompensa. Lavoriamo al messaggio e alla scrittura sera e notte, e la mattina dopo, Giorgio e io partiamo di nuovo per Higham… in missione!

Troviamo la stazione chiusa e operai che lavorano alle rotaie. Chiediamo informazioni, e gentilmente cercando di confortarci e di aiutarci, ma sono tutti di fuori, per cui non hanno idea di come muoversi nemmeno loro. Riprendiamo il taxi, e mettiamo un volantino anche davanti al pub del paese… sai mai. Alla fine del viaggio, il tassista un Sikh con un bellissimo turbante color turchese ci fa pure lo sconto sulla corsa, probabilmente avendo capito la situazione, e lasciandoci con un sorrido che ci ha ripagato la giornata. Persone così ce ne vorrebbero di più sulla terra.

Ripartiamo. Monica mi ha gentilmente concesso di usare la sua Fujifilm X-E2 per finire il report del viaggio, e anche se la mia mente oramai non è più concentratissima sul lavoro ci provo. Il cuore è pesante lungo tutto il cammino. Non tanto per il danno materiale, ma per due motivi personali ben più importanti. Il primo, sono una persona a detta di molti, decisamente rigorosa e severa (in apparenza soprattutto verso gli altri), ma quando queste cose succedono a me, la stessa severità urla di rabbia dentro me, e di grande disappunto. Sono profondamente deluso da me stesso, e questo mi abbatte, mi fa toccare con mano un dolore personale, difficile da esprimere, perché io non sono così… eppure… Il secondo, il lavoro che avevo scattato nella scheda di memoria lasciata nella X-T1 era splendido, ricordo ancora l’entusiasmo di aver rubato certi momenti e certi scorci lungo il cammino. E qui mi mangio le mani… mannaggia.

Nel frattempo sul web cerco di contattare aziende che fanno la ricerca di immagini attraverso il numero seriale di macchine fotografiche rubate o perdute, nella speranza di avere anche un supporto tecnologico, ma scopro proprio oggi, che questi servizi sono stati chiusi per problemi con IVA e privacy. Non capisco bene cosa c’entri l’IVA, ma non ho indagato oltre. Mannaggia… nuovamente.

Passo la Pasqua e la Pasquetta a controllare continuamente il telefono in attesa di qualche risposta, o di una chiamata dall’ufficio oggetti smarriti, invece nulla. Ahimè… e quindi come programmato, il martedì ritorno al paesello con Monica, per parlare con attendente della stazione, che come promessomi dal Customer Service della Compagnia Ferroviaria, avrebbe dovuto esserci. Arrivo alle 12, orario di chiusura degli ufficio 12:50, ma la stazione è ancora blindata e deserta… qui insorge la disperazione ancora. Speravo che il contatto umano con la persona addetta alla stazione mi avrebbe aperto nuove possibilità, ed invece nulla… Provo allora a contattare la polizia locale, l’ultimo posto a cui posso pensare in cui una buon anima può riportare un oggetto smarrito in una stazione deserta. Provo il numero dell’emergenza, non funziona, quello per stranieri non funziona, chiedo in giro, parlo con il postino, con una signora che abita lì vicino… niente, ogni strada porta quasi a nulla di fatto

Capo chino, da una parte, e cuore oramai rassegnato dall’altra, torniamo a Londra, ci riuniamo a Giorgio e Andrea, pronti per prendere l’aereo di ritorno.

Ad ora, dopo alcune nuove mail mandate a vari enti preposti, sono finalmente riuscito ad ottenere due risposte. 1) Da chi è responsabili dei dati e quindi anche dei filmati delle telecamere di sorveglianza, che mi ha detto di sentire assolutamente la polizia ferroviaria. 2) dalla polizia ferroviaria, che mi dovrebbe mandare un questionario, per mandare avanti la richiesta per la visione dei filmati.

Nel frattempo alcuni amici Inglesi stanno cercando di capire con la Polizia Locale cosa si può fare. (Thanks mates!!!)

In tutto questo, però, devo dire che il supporto dei miei compagni di viaggio è stato importante e fondamentale, anche se ho dato loro filo da torcere quanto a nervoso, rabbia e astiosità in questi quattro giorni. In particolare Monica, si è dimostrata la più comprensiva e meravigliosa persona che potessi desiderare al mio fianco in questo momento. Grazie con tutto il mio cuore!

Incrociate le dita per me, vi terrò informati sugli sviluppi.

Nella foto, siamo Andrea, Monica e io, ritratti da Giorgio, qualche momento prima del tragico evento…

Verso Canterbury…

Quando verso la fine del 1300, il grande poeta inglese Geoffrey Chaucer scrisse il suo capolavoro, “I Racconti di Canterbury”, dando uno spaccato della società inglese dei suoi tempi, l’Inghilterra era profondamente diversa da quella che incontreremo in questo nostro nuovo viaggio diversamente comodo.

Partiremo da Londra, più precisamente da Westminster Abbey, che non è il luogo da cui i pellegrini medievali del racconto di Chaucer partirono, ma è di fatto dove il poeta ora è sepolto. Passeremo però dove la famosa Tabard Inn era (dove tutto ebbe inizio), a Southwark nella zona del teatro shakespeariano Globe, e di lì come i viaggiatori medievali percorreremo la strada che ci divide dalla Cattedrale di St. Thomas A Becket, Arcivescovo martire veneratissimo nell’Inghilterra Medievale.

Perché questo viaggio? Perché Canterbury è da dove parte la via Francigena, piccola parte della quale abbiamo percorso l’anno scorso. Perché i “pellegrini” per eccellenza rimarranno nel nostro immaginario quelli di Chaucer, così diversi tra loro, come siamo noi, così ognuno con storie diverse da raccontare, come siamo noi, così però legati tra di noi nel condividere un’altra esperienza in cammino… Perché anche i pellegrini di Chaucer partirono in Aprile, sfidando le piogge e i venti dell’Inghilterra primaverile. Perché volevamo uno storia a cui ispirarci, ed un percorso che avesse antiche suggestioni. Perché la voglia di fotografare è tanta… e questo percorso univa metropoli, campagna, storia, letteratura e religione in un mix di stimoli, che ha stuzzicato la nostra voglia di raccontare con le immagini.

L’aereo ci aspetta stasera, siamo ancora presi da mille preparativi… ma domani si farà veramente sul serio.

Rimanete sintonizzati!

 

Le fotografie, la fotografia, storie da raccontare, o semplicemente la mia storia?

Più di 2.200 foto scattate con la X-T1. E’ qualche giorno che ci sto lavorando. Alla fine ho selezionato i bianchi e neri per primi. Sono arrivato ad una prima selezione di 177 foto. Guardando nel suo complesso questa massa informe di immagini scattate, come dico io “distrattamente”, mi dice che potrebbero esserci alcuni temi ricorrenti… che forse rappresentano questo viaggio, o quello che mi piace fotografare, o semplicemente quello che questo viaggio mi ha proposto davanti all’obiettivo e che sono riuscito a “vedere”.

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Avrei potuto partire già con un’idea in testa, un progetto, e svilupparlo durante il viaggio, come i manuali di “reportage” mi insegnano… ma… ma poi, non andando lì per lavoro, andando per godere dell’esperienza, per assorbirne vibrazioni, sensazioni, per raccogliere energia e ricordi… avrei ridotto il viaggio ad una ricerca specifica, ad una serie di istruzioni da seguire, ad un freddo lavoro preorganizzato e prestabilito e il mio animo si sarebbe sentito legato, e probabilmente anche bloccato creativamente, perché troppo impegnato dal progetto e non invece concentrato su quello che mi circondava.

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Invece, ho deciso, sì ho deciso, nel senso che ho fatto la scelta di essere libero di far cadere lo sguardo e di conseguenza l’obiettivo su tutto quello che mi raccontava qualcosa, un’emozione, una storia millenaria, uno scampolo di vita, un profumo, un colore, una sofferenza, un senso di ribrezzo, o di fastidio… Per arrivare a raccontare anche un passo fatto con fatica per raggiungere il più lontano, ma migliore punto di vista e quindi di scatto. Ecco che quindi mi ritrovo a trasgredire (quanto mi piace questa parola… e quante volte lo ripeto ai miei studenti) le regole… e a fare di testa mia, mi ritrovo a lasciare che il viaggio mi travolga, mi riempia, e a fare in modo che da questa abbuffata di sensazioni e stimoli escano le foto. O meglio (altrimenti i miei studenti si ribellano), a trovare in questi stimoli lo spunto che la mia visione poi trasforma in foto, e quindi in racconto.
E’ come se avessi voluto che ogni foto raccontasse qualcosa per conto suo, fosse stato anche solo un pensiero, o addirittura un inizio di pensiero, una scintilla veloce, o banalmente un breve ragionamento sulla “astratta graficità” di uno scenario. Mi sono messo alla prova, cercando di unire forma e contenuto in un’immagine che avesse una spontanea ispirazione alla base, ma anche una storia da raccontare, non necessariamente profonda. Ho semplicemente sfiorato la superficie del mondo, ma sempre con toccante emozione, con sguardo curioso e con doveroso rispetto narrativo. Sì, perché ogni preziosità che toccava il mio animo, necessitava della giusta forma e di un linguaggio usato appropriatamente per raccontare tutto quello che vedevo e sentivo. Ecco il tutto durante un cammino dannatamente faticoso, ma altrettanto coinvolgete e divertente.

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Così mi ritrovo a guardare foto di fili spinati e recinzioni, portici e sottoportici a profusione, ombre, chiaroscuri, alberi solitari, perfetti sconosciuti capitati a passare davanti al mio obiettivo… per ognuna ho un ricordo, ma non è quel ricordo che esse raccontano… sono pezzi di vita, sono suggestioni, allusioni… nell’austerità che il bianco e nero loro conferisce. Nella geometricità di forme, volumi e pesi distribuiti nello spazio quadrangolare bidimensionale dell’inquadratura, alla ricerca di uno sprazzo di intellettualità nella loro composizione che le renda vive e sfidanti.

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Le guardo, di alcune mi compiaccio (vanesio eh?), tuttavia, ancora mi domando se queste foto rappresentano le mille storie vissute fuggevolmente durante i quindici giorni di cammino, o sono parte della mia storia, del mio viaggio… o entrambe…

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