Dal mare alla campagna

A Chatham abbiamo avuto la fortuna di alloggiare in un hotel affacciato ad un porticciolo dove tutto intorno il tempo sembrava essersi fermato, mentre la struttura all’interno era stata ristrutturata con raffinato gusto richiamando sapientemente il mare. Le camere, accoglienti, erano state rimodernate, ma ricordavano le vecchie barche: appena aprivi la porta della stanza, ti trovavi davanti tre gradini e un parapetto in legno dietro al quale si ergeva il letto e una bella finestra che lo illuminava. Svegliarsi in un posto così al mattino e’ decisamente una carica di energia. Per cui ci siamo alzati rigenerati e siamo partiti: destinazione Sittingbourne. Facciamo ancora qualche foto al porto dove il sole ci premia regalandoci riflessi nell’acqua, spettacolari. Nel frattempo ci imbattiamo in un gruppetto di donne che arriva da una corsa: sono le “medway runners”, così riportano le loro magliette gialle! Le guardiamo con insistenza soprattutto perché ci chiediamo come facciano ad essere così resistenti al freddo in quella mise leggera quando noi ci siamo praticamente vestiti con tutto il contenuto dello zaino!!! Ci rendiamo conto che siamo delle mammole! Mentre Giorgio si accorge che una ha il fisico perfetto della sua donna ideale! Ci incamminiamo quindi sotto il sole che con il vento frizzante ci vede ricoprire la testa in tutti i modi possibili, ma ci scalda il viso piacevolmente. La cittadina di Chatham e’ ordinata e ricca di iniziative probabilmente anche grazie alla presenza dell’università. Incrociamo lungo la via ciclabile diverse persone: chi passeggia, chi corre, tutti comunque attratti dalla giornata soleggiata. Arriviamo così ad un parco naturale dove decidiamo di fermarci per un veloce ristoro scoprendo invece un bellissimo spazio naturalistico dove le famiglie si ritrovano per i classici picnick o per delle lunghe passeggiate lungo l’insenatura di quello che pare essere un fiordo. Qui la bassa marea ha disegnato la sabbia e lasciato arenate delle vecchie barche e se alzi lo sguardo puoi godere della vista del mare aperto. Ci lasciamo affascinare e ci sentiamo fortunati perché solo il caso ci ha fatto fermare li. Ma dobbiamo ripartire, la strada e’ ancora tanta. Riprendiamo i nostri zaini di megapixel e via! Lungo la strada, ci rendiamo conto che Pasquetta per gli inglesi e’ la giornata dei grandi lavori: molti ritornano in famiglia e vedi i vialetti delle case stipati di auto, dove però dopo poco si riversano tutti, chi a lavare l’auto, chi a sistemare muretti di casa, giardini, finestre. Non come noi che a Pasqua e pasquetta ci si trova per grandi pranzi per poi svenire sui divano di casa o a fare passeggiate digerenti. La dinamicità degli inglesi mi stupisce ogni giorno di più ! Sarà per questo che hanno tutti una linea invidiabile? 

Finalmente cominciano ad intravedersi i verdi spazi che tanto rappresentano l’Inghilterra e le case cominciano a diradarsi senza però perdere quell’ordine e cura che le cottradistingue. Vediamo della gente camminare con i cani lungo i prati e ci spingiamo a cercare delle analogia con le nostre abitudini della pasquetta: dico ai ragazzi che secondo me stanno raccogliendo “sciopetin”, in italiano ci pare siano i “carlino”. Da qui ci perdiamo ad esaltare la bontà del risotto con i sciopetin, che per noi da quel momento diventerà erroneamente risotto con i carlino, finché Andrea ci fa notare che i carlino che avanzi dal risotto, li puoi leggere. E noi a chiedere:” in che senso Andrea? ” e lui “eh,  perché sono il Resto del carlino,no? “… Capite voi cosa può fare troppo sole e troppo vento e tanta stanchezza? Ma il camminare insieme serve anche a ritrovare il gusto delle lunghe chiacchierate anche senza senso, ma che ti strappano la risata, la riflessione e che a volte ti fanno pensare a quanto non lo si faccia più tutti nascosti dietro il telefono o il computer o presi dall’ansia del ” non c’è tempo”.

Nel frattempo un cavallo si e’ affacciato oltre il recinto e i ragazzi ne approfittano per fotografarlo e accarezzarlo. Succederà altre volte che i cavalli al passaggio dei tre uomini, si avvicinino a loro, a me invece no! Quindi o erano cavalle o loro profumavano come cavalli, chissà ! 

Finalmente arriviamo nei sobborghi di Sittingbourne. E’ vero, la gente ci guarda stranamente: alcuni di loro sono vestiti  maniche corte e pantaloncini, noi decisamente da abitanti delle Ande; credo però siano anche i colori accesi che indossiamo ad attrarre gli sguardi: due ragazzi indossano giacche celeste, con lo zaino nero e arancio, uno in rosso con lo zaino verde mela e io in fucsia con lo zaino verde! In fila indiana come la copertina di un disco dei Beatles, ai quali però facciamo un baffo, non passiamo di certo inosservati !! Prima di arrivare a Sittinbourne, c’eravamo già fermati per un veloce pranzo, in una sorta di mensa gestita da portoghesi gentili che ci parlano divertiti sfoderando le tre parole di italiano che conoscono, per cui arrivati al paese ci dirigiamo direttamente all’hotel che e’ un vecchio fienile rimodernato. Li il proprietario ci terrà a farci notare che e’ tutto arredato con mobili italiani !! Beh che dire, fa piacere vedere che ancora qualcuno ritiene il Made in Italy sinonimo di qualità, ma siamo così stanchi che ascoltiamo distrattamente anche la ragazza tedesca che ci spiega come un hostes in aereo le uscite dell’hotel e l’utilizzo del wifii! 

Qui ci riprenderemo dalla fatica e alla sera scopriremo che a Sittingbourne dopo le 20, non si mangia più e solo la benevolenza di una cameriera di un piccolo pub “the Dover castle” ci permetterà di mangiare un piatto unico… indiano! Forse lo ha fatto per ringraziarci di essere gli unici spettatori di un giovane musicista che ci sfodera un repertorio da Eric Clapton ai più contemporanei Rem e Alanis Morisette. La serata si chiuderà con un Andrea bello brillo e noi decisamente pronti per una bella dormita! Dovremo attendere però un’ora dalla fine della cena e non perché c’è l’ha prescritto il dottore, ma perché i taxi in Sittingbourne sembrano introvabili e avevamo prenotato quello dell’andata anche per il ritorno e non avevamo il suo numero di riferimento. Così abbiamo aiutato nella chiusura del locale, che chiudeva in realtà mezz’ora prima del nostro taxi, ma sempre per la gentilezza della cameriera ci e’ stato permesso di attendere all’interno del locale! I love you, gentle England. 

Tra il sacro e il magico

Arrivati alla fine del viaggio, che termina con l’immagine gotica della Cattedrale di Canterbury impressa nei nostri occhi. Ieri, arrivati di sera, abbiamo potuto contemplarla solo dall’esterno, per cui le giravamo intorno in un’atmosfera surreale di silenzio e ammirazione dei visitatori (non tanti). Siamo riusciti anche a visitare il chiostro, credo uno dei piú belli mai visti, sotto l’occhio attento di un sacerdote anglicano, una bellissima ragazza inglese, dalle sembianze quasi angeliche. Monica, che ci aveva preceduto nella visita del chiostro, ci preavvisa della presenza del sacerdote e si raccomanda di non importunarlo, e io e Andrea ci guardiamo stupiti, pensando che la fatica abbia ormai compromesso del tutto le facoltà mentali di Monica. Poi vedo la ragazza sacerdote e mi rendo conto che Monica non é ancora da ricovero coattivo.
L’albergo che ci ospita é una struttura all’interno delle mura che circondano la Cattedrale, ed é questa la ricompensa migliore per la fatica del viaggio.
E anche dalla camera del residence non riesci a non guardare le guglie e le finestre gotiche, che illuminate dal basso, fanno apparire la Cattedrale ancora piú carica di segreti e di misteri. In questa atmosfera notturna tra il sacro e il magico, la Cattedrale appare come un prezioso e maestoso libro di pietra che tramanda straordinarie e magiche storie, simboli e codici di cui ci si accorge solo dopo un’attenta lettura.
Stamattina il nostro pensiero era solo quello di entrare in Cattedrale, dopo essere stati per tutta la notte sotto la sua protezione, ovviamente non prima di aver fatto colazione con fried eggs, bacon, sausages, e oggi anche una salsiccia di sanguinaccio, che io ho assaggiato e gustato, fino a quando Marco non mi ha informato di cosa si trattasse e che ho ceduto a lui solo per assecondare il suo spirito gotico e medioevale.
Entriamo finalmente nella Cattedrale e misteriosamente non ci fanno pagare risparmiando 10 sterline. É indescrivibile la luce che
filtra dall’esterno attraverso le vetrate e i rosoni decorati, indescrivibile il fascino delle storie nei singoli riquadri delle vetrate. Oggi é la stessa luce di mille anni fa, quando, nel Medioevo, assumeva un significato simbolico, espressione del sacro ma anche del magico.
Spero di aver catturato con la mia Fuji, almeno in minima parte, quella luce cosí da poterla condividere anche con altri. Vedremo…intanto lasciamo Canterbury, ma il viaggio non é ancora finito.

Il Guardone

Al contrario del percorso della Via Francigena, in questi giorni di cammino abbiamo attraversato prevalentemente aree ad alta densità urbana. Lunghe, interminabili file di case e casette tutte uguali o quasi.

Così l’occhio e il pensiero vanno verso quei particolari che rendono queste teorie infinite di porticine, cortiletti e bow-window (ci sarà il termine italiano?) una diversa dall’altra. E l’impresa non è semplice. E mi sento un guardone, appostato fuori di casa altrui a scrutare nelle loro vite in cerca di un dettaglio… Un colore, un vaso di fiori, una targa… L’erba finta (in Ingilterra direi quasi un sacrilegio)… Insomma tutto quello che porta fuori dalla locale standardizzazione edilizia e umana, fattori che rendono questi posti uno spazio quasi finto… Ma ordinatamente finto. 

Non nego che tutta questa regolarità di forme e di materiali, non metta a mio agio il mio occhio. C’è qualcosa di gradevole a livello estetico, anche se poi a livello umano e sociale mi fa riflettere. In un epoca in cui, l’attenzione per il territorio e quella per il sociale e la dignità dell’individuo sono parimenti importanti, rimango combattutto… Su cosa premiare. E penso, con sentimenti contrastanti, alle nostre aree urbane di provincia in cui la casa è emanazione del nostro essere, è quell’apparenza che ci rende meno umani e più fieri di essere noi stessi, è quell’abito che vorrebbe fare il monaco, e che molte volte invece porta alla continua e sregolata costruzione e ricostruzione di edifici, senza armonia e sinergia con ciò che sta attorno. Risultato: grandi individualità, ma poco gioco di squadra… E così il paesaggio ne soffre, e la vista e forse anche il gusto ne perdono… Forse? 

Questo cammino sta diventando sempre più positivo è sempre più proficuo a livello personale e di arricchimento intellettuale. Nessun altro tipo di vacanza offre questo tempo e questi spunti, il tempo che si passa con noi stessi, e il passo lento in cui il mondo ti scorre attorno sono la condizione perfetta per chi come me  ha bisogno o desiderio di iniziare a sentire la vita diversamente. Magari facendo anche i guardoni…

Un Mondo alla Rovescia

Mi sono sempre domandato perché in certi paesi si guidi a sinistra e non a destra. Pare che fosse abitudine aristocratica comune, il transito a sinistra. in tutto il mondo fino all’arrivo di Napoleone e della Rivoluzione Francese. Di fatto, il Regno Unito mantiene invece questa tradizione antica, creando non pochi problemi a noi poveri continentali. E infatti, in pochi giorni ho collezionato numerosi momenti di terrore, proprio perché attraversando la strada guardavo dalla parte sbagliata il flusso del traffico. 

E la mia fantasia vola… È come se ci trovassimo “prigionieri” in un mondo alla rovescia. Un po’ come in quel film intitolato Upside Down, in cui due mondi uno rovesciato sotto sopra rispetto all’altro coesistono nello stesso posto dell’universo. Buffo, strano, ma intrigante e stimolante allo stesso modo.

E ad ogni attraversamento, una riflessione sempre più contorta e congetturale mi si forma piano piano in testa. Riflessione che parte da una sensazione, principalmente, ma che ora si sta sviluppando in maniera sempre più articolata. La sensazione che assecondo nel suo insinuarsi nella mia mente durante questo viaggio, è quella che, erronea o meno, guidare a destra o a sinistra non siano esattamente l’una la versione uguale e speculare dell’altra. Ho come l’impressione, e qui scattano le elucubrazioni e l’articolazione del pensiero, che in un mondo umano fondamentalmente asimmetrico, in cui la parte destra del cervello non fa le stesse cose della sinistra, e in cui la maggioranza di noi è destrimani (senza nulla togliere ai mancini), il guidare a sinistra comporti qualcosa in più che semplicemente rovesciare l’attenzione. Infatti, se per me è naturale agire sulla leva del cambio con la destra, trovo fortemente scomodo e innaturale farlo con la sinistra, obbligando questa mano ad imparare un’abilità importante e di precisione che nel mio immaginario non dovrebbe spettarle. Inoltre, la forte sensazione di vulnerabilità che mi deriva dall’avere il mio lato destro esposto verso l’esterno dell’auto quando sono seduto al posto di guida, mi mette molto a disagio… 

Posso immaginare che siano queste parte o molte delle sensazioni che hanno i mancini in un mondo completamente (o quasi) dedicato ai destrimani. E intuire nel mio delirio, a quanto disagio essi si trovino a subire, quasi a sentirsi di vivere loro stessi in un mondo proprio alla rovescia. Ed ecco l’ultima riflessione… Ora siamo noi che abbiamo “invaso” questo mondo, quasi a volerlo conquistare, e di fatto la sensazione persistente è quella di essere diverso. Ma… Non è che alla fine, siano solo le abitudini a portarci a pensare che certe cose sia più “naturale” farle in un modo piuttosto che in un altro, facendoci etichettare come aliena, o estranea qualsiasi altra situazione… Oppure, effettivamente c’è un modo più naturale e tutti gli altri sono forzature? E se queste forzature perpetrate diventano un mondo in cui si è immersi inconsapevolmente tanto da diventare normalità, in qualche maniera la nostra natura viene modificata? Oppure… Oppure… Solo quando i due mondi rovesci convivono allora scatta il conflitto e quindi la sensazione che uno dei due sia a-normale? 

Risveglio al mare

Stamattina sveglia a Chatham, località sul mare a oltre una settantina di km da Londra. Abbiamo alloggiato in un antico fienile ristrutturato, praticamente di fronte a un molo. All’interno dello stesso “fienile” c’é un pub molto interessante e ben frequentato dove ovviamente abbiamo passato la serata, considerato che dopo aver camminato tanto non ci andava di andare alla ricerca di altro. Iniziare dal centro di Londra questo cammino é stata una scelta molto interessante. Infatti passando dal centro della Metropoli ai sobborghi di Londra, e poi per la campagna attraversando piccoli centri urbani, riesci ad apprezzare il cambiamento di paesaggio ma anche di atteggiamento della gente. E fare il tutto a piedi, e quindi molto lentamente, rende questa trasformazione talmente graduale e naturale quasi da non riuscire a credere che solo qualche ora prima ti trovavi al centro del Vecchio Continente, in una delle piú grandi metropoli del mondo. Cosí ti trovi a partire dal caos del centro della Metropoli, con una spaventosa densità abitativa, con grattacieli e ogni tipo di attrazione che sembra costruita solo ed esclusivamente per i turisti, per far vedere loro quello che vogliono vedere e far credere che questa é la nazione che offre possibilità a tutti, il centro degli affari, della cultura e di ogni genere di divertimento. E’ un po’ come un’enorme casinò, pieno di luci e di colori con tante slot machines per attrarre gente. Le persone sembrano cosí impegnate e indaffarate da non riuscire a dare retta a nessuno, e da farti sentire quasi invisibile. In mezzo a quel mare di gente che affolla la metropoli ci sono persone che fanno di tutto per apparire eccentriche e cercare di farsi notare, come se volessero gridare in mezzo a quella moltitudine che esistono anche loro e che non sono solo un numero. Poi continuiamo a camminare e ci allontaniamo dal centro. Il caos si diluisce cosí lentamente quasi da non accorgertene, e la gente sembra essere meno indifferente e meno indaffarata. Adesso non piú grattacieli, ma interi quartieri e sobborghi fatti di quelle tipiche casette inglesi, indipendenti e con il giardino avanti e le mura che si appoggiano l’una all’altra. Cosí ieri ci siamo ritrovati a Chatam, città ben costruita e ordinata, dove la gente sembra molto piú rilassata. Certo i mezzi e i servizi non sono poi cosí efficienti come nella metropoli, anzi, potremmo dire che spostarsi con i mezzi non é affatto facile. Non ci sono molti turisti, sono quasi tutti del posto e ti viene una rabbia nel vedere molti di loro in maniche corte e pantaloncini. Qualcuno addirittura si avvicina a noi e ci fa domande, evidentemente non siamo invisibili. Una ragazza con un top corto nonostante una temperatura ancora fredda e umida sui 10° ( in serata siamo scesi sui 4°) ci guarda e ride dicendo che sembriamo degli eschimesi. In effetti bardati con piumini, giacche a vento, incappucciati e con zaino a seguito suscitavamo la curiosità anche di un paio avventori di un pub, che si sono messi a ridere quando hanno sentito dirci che, per noi, quella temperatura era troppo fredda. Comunque stamattina ci siamo svegliati al mare e con un piacevole sole, giusto per sfatare uno dei tanti stereotipi inglesi per cui qui é sempre tutto grigio…E quindi gli inglesi non sono solo fish and chips, tea e cielo grigio, come noi non siamo solo spaghetti, pizza e mafia.

Fish & chips dopo fish & chips…

Nonostante qualche acciacco generale, nonostante il tempo non perfettamente clemente con noi, le tappe si susseguono al ritmo di fish & chips trovandoci tutti d’accordo! 

Dalla cittadina di Chatham quest’oggi ci siamo spostati a Sittingbourne nella contea del Kent dove un’antico fienile sapientemente ristrutturato ci accoglierà per la notte. 

Il posto è a dir poco incantevole e ci fa immergere completamente nella campagna inglese facendoci assaporare il clima locale al meglio.

A proposito di clima, strana gente questi inglesi. Con una temperatura di 6/7 gradi massimo ed un vento piuttosto fastidioso e gelido, questi mi indossano magliettina maniche corte, pantaloncini corti ed infradito solo perchè spunta un raggio di sole! Mah…?!

Noi invece, bardati di tutto punto, sfoggiavamo piumini, guanti e cappelli di lana con non-chalance tanto che entrati in un pub ci hanno presi per i fondelli domandandoci ironicamente se eravamo esquimesi…! 😳😳😳 

Onestamente credo si tratti solamente di abitudine… Loro da noi in agosto potrebbero collassare!

Comunque discutendo con un avventore del pub sono venuto a sapere che anche per loro, visto il periodo, è piuttosto freddo.

La cosa ci conforta un po’…!

Ma freddo a parte, quest’Inghilterra assaporata a piedi ci sta dando delle sensazioni difficilmente ripetibili.

Ogni viaggio ha una sua storia, ogni viaggio ha sapori e luci differenti ed il condividerli assieme rende l’esperienza ancor più vera e profonda!

Il legame che si è creato tra noi macinando chilometri al ritmo del nostro cuore è un qualcosa che va oltre il semplice compagno di viaggio, rientra nell’intima capacità di ognuno di noi nel vedere la vita e condividerla con gli altri.

Domani raggiungeremo l’ultima tappa del nostro viaggio, Canterbury, e non so quanti fish & chips , spaghetti alla carbonara o bistecche fiorentine ci separeranno dalla prossima avventura, certo è che il mondo vissuto così a piedi e raccontato con una macchina fotografica assume un sapore vero e ci riporta indietro nel tempo…

Come sempre le cose semplici , accompagnate da una buona dose di passione , danno risultati strepitosi.

La semplicità è emozione, e noi vogliamo emozionarci ancora a lungo…!

Buonanotte amici, alla prossima…!

Verso sud

Dopo una prima giornata piovosa, riposati da una bella dormita, ci rimettiamo in cammino non dopo la nostra solita dieta mattutina: uova salsicce e brioches. D’altronde i camminatori si sa hanno bisogno di energia, peccato che la nostra bocca sia più veloce delle nostre gambe. Ci bardiamo di tutto punto e partiamo: destinazione Chatham. Il primo tratto di strada ci fa attraversare una zona industriale tutta ordine e pulizia da sembrare un quartiere elegante, con i suoi spazi verdi, i laghetti,  la caffetteria, non fosse per una certa cosa che mi trovo a pestare e che poi scoprirò’ portare bene, ma che mi farà camminare come una sciatrice di fondo per un po’; tutto appare quasi surreale a confronto delle zone industriali a cui siamo abituati.  Raggiungiamo così un paesino che di fatto sembra sorto appunto a corollario della zona industriale e si affaccia sul fiume Tamigi, dove ci la scieremo affascinare da uno skyline non particolarmente significativo, ma la cornice del brutto tempo che si avvicina, ne fa emergere un tratto drammatico che lo rende spettacolare. Qui siamo costretti a indossare il miracoloso poncho perché la pioggia, cominciata piano, prende improvvisamente forza. Attraversiamo così una fila interminabile di case , mattoncini su mattoncini, decorati da porte colorate che rendono graziosa anche la più assurda delle catapecchie! La strada prosegue e le gambe cominciano a farsi sentire; così contrariamente ai buoni propositi decidiamo di fermarci a mangiare una cosina leggera. E in mezzo a tutto questo grigio e freddo, casualmente ci troviamo catapultati in una Diner americana dove coloratissime pareti e un juke box sempre acceso, ci accolgono. Veniamo serviti da altrettante colorate cameriere  vestite anni 50 con cui Giorgio tenterà un approccio cercando di farsi fotografare con loro! I ragazzi si lasciano andare a tre hamburger alti almeno 20 cm; io che aspiro alla santità, mi mangio un insalata, per poi cedere ad un morbido pancake ricoperto della salsa mooh scelta da Marco!! Rifocillati ci rimettiamo in cammino, non prima di aver assistito ad un balletto di Andrea e Giorgio ancora posseduti dallo spirito degli anni 50. Dopo poco ci imbattiamo in Northfeelt nella chiesa anglosassone di Saint Bottles circondata dal suo cimitero, dove veniamo avvicinati dal custode zoppicante ( chissà perché c’è sempre un custode zoppicante in questi posti!) che con pila e mazzo di chiavi ci propone una visita all’interno. Purtroppo non c’è tempo quindi presi alcuni scatti proseguiamo. Il panorama comincia a cambiare un po’ e anche il sole fa capolino probabilmente portato dal mio evento fortunato del mattino, e dopo una serie interminabili di case, ci troviamo ad attraversare una verdissima palude, con cavalli liberi e mucche al pascolo. Qui probabilmente colta da un momento di stanchezza, indico ai ragazzi quelli che in lontananza sembrerebbero cavalli bianchi: Andrea non tarderà a farmi notare che i miei cavalli han messo le ali, perchè quelli che io vedo correre nei prati in lontana, sono uccelli che volano basso!! Ci avvieremo quindi a destinazione nel porticciolo dove ci attendono i nostri alloggi: e’ evidente che tanta e’ la stanchezza e per evitare  che io venga presa da nuove miracolose visioni… Buonanotte!

Pioggia e vento alla corte del Re

Si, lo so… Tutti me l’avevano detto: in Inghilterra troverete la pioggia! Ma sarà che pensavo che l’impresa dal sapore antico un po’ distante dalle comidita’ in cui ci crogioliamo tutti i giorni, ci avrebbe premiato almeno con il tempo sereno, la pioggia di questa giornata non l’attendevo! Siamo partiti dopo una nottata di tentativi: tentativo di uscire dall’aeroporto, tentativo di prendere un taxi, tentativo di trovare il portiere dell’albergo che compare dal buio di una sala spenta, improvvisamente, come una strana apparizione, tentativo di far partire il riscaldamento nella camera e di far funzionare le spine . Ma noi siamo fortunati : in tutti questi casi si è “acceso” il nostro Marco Giver che con l’aiuto di alcune nozioni, vuoi linguistiche, vuoi del libro delle giovani marmotte, con i pochi oggetti che trovava ha risolto le situazioni. Al mattino quindi partiamo vestiti secondo i suggerimenti di tutte le mamme: a cipolla! Canotta, maglia, felpa, piumino, berretto e nei momenti critici poncho per la pioggia. Camminiamo pieni di quello strano sapore che solo Londra sa suscitare: questa città di regine e pettegolezzi di corte, di tragedie e tradizione, così colorata nonostante sia una macchia grigia avvolta in un nuvola portata dal mare, si mescola con il colore acceso dei giovani che cantano il gospel camminando per le vie, dei mimi e saltimbanco che si esibiscono in ogni angolo, dei souvenir trash, dei graffiti e dei grattacieli di vetro. Poi la pioggia improvvisa, fredda e incessante! Andrea stranamente ha freddo, non e’ da lui, e in effetti sta male. L’influenza lo sta provando ma non abbastanza da impedirgli di cantare con un coro che sta facendo le prove in una chiesa! Giorgio sta invece smettendo le buone abitudini di una dieta vegana, lasciandosi andare a uova pancetta salsicce e condimenti vari! E sta fotografando gli angoli più particolari: e’ affascinato dai mille volti che lo fissano tutto coperto  dal poncho . Marco passa la prima mattinata al telefono incavolato perché non riesce a connettersi per lavorare, ma poi parte il suo momento creativo tanto da riuscire a perderci sopra un ponte!! La pioggia aumenta e i piedi cominciano a farsi sentire. Decidiamo di avviarci verso Dartford prima che il tempo abbia il sopravvento sulle nostre energie provate dalle molte emozioni. E mentre vi scrivo, compare alla TV una partita di polo fatta però a cavallo di una biga elettrica: anche nella terra di Regine e Re, i cavalieri si sono lasciati affascinare dalla modernità e nei loro giochi tradizionali il romantico cavallo ha lasciato posto ad una modernissima due ruote! God save the Queen.